Le misure del nuovo DPCM

Le misure del nuovo DPCM:
bar e ristoranti chiusi alle 24, dopo le 21 solo servizio al tavolo

In vigore per i prossimi 30 giorni, il DPCM approvato tra il 12 e 13 ottobre impone nuovi limiti a bar, ristoranti e attività di somministrazione al fine di limitare l’assembramento.

A cura di Francesca Mancini

È stato firmato dal presidente Conte il nuovo DPCM contenente la prima stretta anti-Covid della seconda ondata dell’epidemia: dallo stop agli sport di contatto amatoriali alle raccomandazioni di non invitare a cena più di 4 persone, se si è in coppia, o cinque se si è soli. Il testo è in vigore da oggi e le misure si applicheranno fino al 13 novembre 2020.

Mascherine

“E’ fatto obbligo sull’intero territorio nazionale di avere sempre con sé la mascherina, nonché obbligo di indossarla nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all’aperto a eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi e per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi, e comunque con salvezza dei protocolli e delle linee guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali, nonché delle linee guida per il consumo di cibi e bevande”.

Chiaro quindi che dal primo articolo sono esclusi tutti i ristoranti che garantiscono un appropriato distanziamento e favoriscono il ricambio di aria all’interno dei locali, dall’obbligo è escluso anche chi fa attività fisica all’aperto, i bambini sotto i sei anni, i soggetti con patologie e disabilità incompatibili con l’uso della mascherina. Viene raccomandato l’uso del presidio medico anche all’interno di abitazioni provate in presenza di persone non conviventi.

RISTORANTI -BAR - PUB - PASTICCERIE - ENOTECHE - GELATERIE

Chiuse ancora le sale da ballo e le discoteche all’aperto e al chiuso, ma sono permesse fiere e congressi. Sono vietate le feste, di qualsiasi forma e tipologia, le cerimonie civili e religiose che ospitino più di 30 persone nel rispetto dei protocolli e delle linee guida vigenti. “Nelle abitazioni private è comunque fortemente raccomandato ei evitare feste e di ricevere persone non conviventi in un numero superiore a 6”.

 

Queste le linee guida principali che più interessano tutte le attività enogastronomiche del paese che, non dimentichiamolo, subiscono per l’ennesima volta una pungolatura al fianco da parte del nostro governo.

FESTE

Chiuse ancora le sale da ballo e le discoteche all’aperto e al chiuso, ma sono permesse fiere e congressi. Sono vietate le feste, di qualsiasi forma e tipologia, le cerimonie civili e religiose che ospitino più di 30 persone nel rispetto dei protocolli e delle linee guida vigenti. “Nelle abitazioni private è comunque fortemente raccomandato ei evitare feste e di ricevere persone non conviventi in un numero superiore a 6”.

 

Queste le linee guida principali che più interessano tutte le attività enogastronomiche del paese che, non dimentichiamolo, subiscono per l’ennesima volta una pungolatura al fianco da parte del nostro governo.

IL PUNTO DI VISTA DELLA FEDERAZIONE ITALIANA CUOCHI E DELLA FIPE

“Siamo consapevoli delle gravi criticità che si stanno delineando ma facciamo un appello al Governo affinché fissi le restrizioni in base alla capienza effettiva dei locali e non imponendo un numero massimo che limita indistintamente tutte gli esercizi”. Rocco Pozzulo, presidente della Federazione Italiana Cuochi, commenta così il DPCM appena firmato dal Presidente Conte.
“Il limite a 30 persone può essere inefficace nel caso di locali molto piccoli e illogico nel caso di locali molto grandi, come, ad esempio, quelli predisposti ad ospitare abitualmente matrimoni o eventi simili. Non tener conto di questo significa condannare “a morte” certa centinaia di imprese del settore. Ricordiamo anche che, a causa del Covid-19, nei centri storici ha già chiuso un locale su 3 e che la disoccupazione tra i cuochi attualmente si attesta tra il 30 e il 40%. A questo punto – conclude Pozzulo – gli unici che tireranno un sospiro di sollievo saranno i ristoranti e i bar di Latina. Con le nuove misure indicate dal decreto, infatti, il vincolo di massimo 4 persone per tavolo fissato dall’ordinanza Zingaretti risulta superato”.

“Le misure contenute nel nuovo Dpcm approvato dal Consiglio dei ministri rappresentano un colpo mortale per un settore già in gravissima crisi che vede il rischio chiusura per 50.000 imprese e la perdita del lavoro per 350.000 lavoratori.

Questo, numeri alla mano, il risultato se si proseguirà sulla strada delle chiusure anticipate, invece di incrementare i controlli per punire chi non rispetta le regole. Bar, ristoranti, stabilimenti balneari, imprese di banqueting e catering, imprese dell’intrattenimento sono state le realtà più colpite dalla crisi economica determinata dal Covid. Ma sono state anche quelle meno supportate. Senza aiuti significativi e concreti, siamo destinati chiudere per sempre, rinunciando a uno dei fiori all’occhiello dell’offerta turistica nazionale e a un tassello fondamentale della filiera agroalimentare italiana”.

 

Così il presidente di Fipe – Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, Lino Enrico Stoppani, al termine del Consiglio direttivo che si è tenuto ieri mattina, in seguito all’approvazione del nuovo Decreto della presidenza del Consiglio dei ministri sulle misure di contenimento del Covid-19.

 

“Tra i nostri imprenditori – prosegue Stoppani – c’è ancora chi deve pagare i debiti accumulati durante il lockdown di marzo e chi deve ammortizzare gli investimenti fatti per mettere il proprio locale in regola secondo il protocollo siglato a maggio. È impensabile che si possa far fronte a una nuova riduzione dell’attività, mentre nessuno sta muovendo un dito per ridurre le spese cui i gestori dei pubblici esercizi sono tutt’ora costretti. Dagli affitti, al fisco. Se prima non si interviene in maniera decisa su queste due voci, non è possibile accettare nuove limitazioni al nostro lavoro”.

TUTELA PER IL COMPARTO ENOGASTRONOMICO ITALIANO

Una bella batosta insomma, che arriva in un momento in cui il futuro della ristorazione e dei pubblici esercenti italiani non è affatto chiaro, perché tanti, dopo mesi, stanno ancora domandandosi come fare per affrontare le spese, l’inverno con le restrizioni sugli spazi, il distanziamento da dover rispettare e l’impossibilità di occupare gratuitamente i suoli pubblici.

 

Sono passati mesi dall’8 marzo eppure per il comparto gastronomico non sembra essere cambiato nulla, se non che ci sono i debiti accumulati da pagare; quel che sorge spontaneo domandarsi è se davvero questa seconda stretta, questa riduzione dell’attività, possa servire a far diminuire i contagi: sono davvero i ristoranti il problema del ritorno della diffusione del Virus? Sono davvero loro il capro espiatorio? Non c’è un altro modo per “educare” ad una movida più consapevole? Con queste misure sembrerebbe quasi che il Sars-CoV-2 sia più aggressivo di notte che di giorno, ma è chiaro che non è così.

Le categorie interessate parlano di “lenta agonia” perché, avere o non avere la possibilità di un dehors esterno, bisogna comunque tirare giù la serranda a mezzanotte; questo significa che oltre ai ristoratori, che potrebbero organizzare due turni (stretti) serali, il disagio maggiore è per chi ha un’attività ristorativa che non prevede somministrazione di cibo. È il caso dei cocktail bar che solitamente iniziano a lavorare quando invece si dovrebbero già spegnere le luci, una sciagura non da poco, da cui potrebbe salvarsi solo chi, oltre all’offerta liquida si è attrezzato nel frattempo per con un solido pairing gastronomico e/o il servizio al tavolo.

 

Quel che serve in realtà è un aiuto concreto all’intero settore che attrae a sé tanti altre porzioni di torta fondamentali per la rinascita e il benessere del paese; senza enogastronomia non c’è turismo che tenga, non esistono strutture ricettive, non esiste l’Italia.

Non è solo con le restrizioni di genere che si risolvono i problemi, ma anche con l’educazione sentimentale, civile e con il rispetto del lavoro altrui. È bene quindi ricordare a tutti che i ristoranti italiani sono stati sempre luoghi sicuri, dove potersi sedere e godere delle eccellenze, un luogo dove poter affidare la propria vita nelle mani di uomini che hanno scelto per vocazione un mestiere che ha come principio fondamentale il prendersi cura degli altri.

 

C’è bisogno di più accortezza e meno generalizzazione.

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